Amedeo Nazzari ne I fratelli Castiglioni

Molti grandi uomini, arrivati all’età matura, sentono il bisogno di scrivere le proprie memorie e due motivi li spingono a ciò. Il primo è la vanità o, se volete, l’orgoglio di narrare quanto è stato da essi compiuto. Il secondo è il desiderio di giovare alle generazioni presenti e future mettendole al corrente delle esperienze accumulate nel corso del loro cammino terreno.

Benché io non sia arrivato all’età matura (il mio atto di nascita dice che… il giorno 10 dicembre 1907, davanti a me, Ufficiale dello Stato Civile di Cagliari… venne presentato un bambino di sesso maschile a cui furono imposti i nomi di Amedeo, Gustavo, Pietro, Attanasio, ecc…) pure questi brevi appunti sulla mia esistenza sono scritti al solo scopo di invogliare, se sarà possibile, il maggior numero di giovani della mia età a seguire la strada della carriera cinematografica alla quale ho dedicato da tre anni e dedicherò da ora in avanti, sempre, tutte le mie energie.

Come vi ho detto, sono nato a Cagliari. Voi potete immaginarmi da piccolo, come un qualsiasi bambino sano e robusto, figlio di giovani genitori. Mi arrampicavo sugli alberi, saltavo i fossi, qualche volta ci cadevo dentro e la sera tornavo a casa, stanco, affamato, ma con i muscoli che si rinforzavano sempre più e disposto il giorno dopo a ricominciare. Mi battevo continuamente con tutti i miei compagni: qualche volta ne davo e qualche volta ne prendevo, mai, però per mancanza di coraggio. Molta gente può dire di avermi visto soccombere in qualche lotta, nessuno di avermi visto fuggire. Questo carattere l’ho sempre mantenuto e, anche più tardi, quando venni a Roma e cominciai gli studi, ingaggiavo con i miei compagni delle gare di profitto nelle quali mettevo tutto il mio impegno e la mia buona volontà.

La mia passione per il teatro, data dall’epoca dei miei primi studi. La sera e le domeniche recitavo nelle filodrammatiche ottenendo dei successi clamorosi, specialmente nel pubblico femminile. Fin d’allora posso dire di aver dato un notevole contributo alle Poste Italiane. La media delle lettere che mi arrivavano era di tre o quattro al giorno. Questa media è notevolmente aumentata adesso e non vi nascondo che una grande parte dei miei compensi di attore se ne va in francobolli, carta da lettere e fotografie.

Eseguito il servizio militare piantai gli studi universitari per seguire il teatro prima con Tumiati, poi con Carini, con la Pavlova e con Picasso.

Elsa Merlini che mi conosceva volle che io entrassi nel cinematografo e mi impose in Ginevra degli Almieri. Dirvi quello che provai la sera della prima rappresentazione, sarebbe doloroso. Tornai a casa come un cane bastonato e promisi di non entrare mai più in un teatro di posa. Promessa da marinaio, però, poiché poco tempo dopo mentre partecipavo alle recite classiche di Siracusa, Alessandrini mi chiamò per girare Cavalleria. Accettai. Poi accettai anche per La fossa degli angeli e accettai ancora per I fratelli Castiglioni.

Fu Alessandrini a convertirmi decisamente al cinematografo e a lui sono grato per aver voluto che io seguitassi in questa carriera per la quale sento ora di avere una sincera vocazione. Essa rappresenta per me veramente uno scopo e non un fine e posso sinceramente dire che amo talmente il film al quale prendo parte da sacrificare anche la mia personalità e le mie ambizioni di attore al successo del lavoro.

Nessuno più di me è buon compagno dei miei compagni e nessuno più di me è anti-divo poiché ritengo che prima di ogni altra cosa è necessario che il film scaturisca da una vera, appassionata altruistica collaborazione di tutti coloro che sono chiamati a compierlo, dal direttore di produzione all’ultima comparsa e dal regista ai macchinisti.

Penso che l’Italia abbia a sufficienza attori, attrici, registi e tutto il materiale umano che serve e, se ancora il cinematografo non è giunto alla perfezione di altri paesi, ciò è esclusivamente dovuto alla mancanza di quell’allenamento collegiale che certe Case stabiliscono fra il loro personale artistico e che è dovuto alla continuità della produzione.

Bontà di pubblico, cortesia dei registi, dei produttori hanno facilitato la mia ascesa. Da parte mia ho messo tutta la mia dedizione, tutta la mia passione. Spero nell’avvenire sia per la mia carriera sia per il miglioramento della cinematografia italiana nella quale desidero sempre militare in quanto ché rifiuterò qualsiasi possibile proposta che mi dovesse pervenire d’oltre alpe o d’oltre oceano.

Non vi dirò dei miei amori, come fanno tutti, poi forse io… ma odio questa dissertazione di carattere troppo intimo e mellifluo.

Ho molti ideali, tra questi vi sarà certo anche qualche donna. Non è poesia, è verità se asserisco che vorrei una fattoria grande sconfinata da poter girare in lungo e in largo da mattina a sera a cavallo di un maremmano intelligente e incolto.

Sarei ricco allora e potrei fondare un ospizio per i poveri.

Amo gli operai, il popolo. Il lusso è per me una forma estetica e una pulizia doverosa.

Cosa debbo dirvi d’altro? Non saprei! Chi sono i più simpatici compagni di lavoro?… Una compagna: Elisa Cegani.

Un giorno quando sarò qualche cosa di più, allora, vi racconterò tante storie inventate!…

Nel prossimo inverno mi rivedrete sullo schermo nelle vesti di diversi personaggi. Sotto le spoglie di minatore, di colono, di aviatore, di personaggio della Rivoluzione francese. Giudicatemi con bontà, cari lettori e care lettrici, ché ho lavorato molto per me, ma anche tanto per voi.

Amedeo Nazzari

Roma, Aprile 1937

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