Un viso di giovanetta illuminato da due occhioni color sole del nord, una grazia che ha ancora i riflessi dell’adolescenza appena affacciata alla vita: ecco Luisella Beghi
La troviamo in teatro seria seria davanti all’operatore Gallea, tal quale una diligente studentessa sta davanti al professore.
Preparano un primo piano ed è necessario studiare che le luci violette dei proiettori non induriscano il suo visetto, che è una vivente espressione di dolcezza.
Osserviamo la snella, flessuosa personcina che si muove con abilità pur nel, piuttosto ingombrante, abito ottocentesco che la ricopre. Bisogna premettere che Luisella Beghi sta attualmente interpretando nella « Gerla di Papa’ Martin » il ruolo di Amelia, la cara figlioccia del buon papà Martin, colei che, per fortuna di tutti, metterà a posto le faccende, anche quelle piuttosto traballanti, che quel pazzerellone d’Armando, aveva seriamente compromesso; almeno così ci racconterà la vicenda del film che fra non molto vedremo sugli schermi nella indovinatissima impostazione, che il noto regista Mario Bonnard ha dato al complesso artistico.
Le operazioni sono meticolose. Il bel visino di Luisella sembra essere ostile al gioco delle luci, quindi ordini, contrordini e quel che segue.
Ne approfittiamo per avvicinare Mario Bonnard che, alle sue tante qualità artistiche, aggiunge quella preziosa d’una perfetta cortesia personale.
— Avete scelta voi Luisella Beghi per questo ruolo?
— Si. E’ molto istintiva quindi recita con sincerità. Condizione essenziale per diventare artisti di merito, Poi ha tale buona volontà ch’io sono sicuro che, ben diretta, riuscirà ad affermarsi molto bene.
— Le sue tendenze?
— È troppo giovane — diciotto anni autentici — per poterle già definire. Il temperamento artistico embrionale si va sviluppando pari passo con l’età- fino alla completa maturità artistica del soggetto. E per ottenere questo occorre qualche anno di lavoro costante. Per ora, ripeto, si può essere molto fiduciosi sull’esito di Luisella Beghi. A parere mio la riuscita è certa.
Hanno finito le prove. Luisella Beghi viene verso di noi scuotendo i riccioli — anche questi naturalmente ottocenteschi, — che le sfuggono da un cappellino a carattere scimmiesco, proprio del secolo consacrato alla celebrazione della goffagine.
Abbiamo intervistate tante persone e personalità, ma questa cara signorina, dal volto di bimba buona, ci mette quasi in imbarazzo.
Possiamo forse rivolgerle quelle tali domande piene di sussiego alle quali è protocollare seguano risposte ancor più elaborate… Ma via. Ci sembrerebbe di attentare alla sua serenità gioiosa. Niente, niente.
— Come vi è venuta l’idea di fare del cinematografo?
Luisella Beghi, l’avevamo previsto noi che la scuola l’ha lasciata da poco! — ci risponde seria seria:
— Sono stata allieva del Centro Sperimentale di Cinematografia. Sicuro. Tre anni di corsi regolari.
Cara, pensiamo, voglia Iddio che al Centro sia sempre possibile avere allieve come voi. Ma le diciamo invece:
— Lo sapevamo. Tuttavia siccome per seguire una strada o carriera è necessario averne prima l’ispirazione vorremmo sapere come…
— Capisco. Ecco, vi dirò. Una volta presi parte ad una recita; ma fatta bene con vestiti preparati appositamente, proprio una cosa bella. Tutti mi dissero che avevo recitato benissimo, che ero adatta alle scene, e che…
— … dovevate fare del cinematografo…
— Già, ma come fate a saperlo?
— Per essere nata prima di voi, cara.
— Non importa.
— Cosa, ch’io sia nata prima di voi?
— Ma no. Insomma raccolsi l’idea, chiesi l’approvazione in casa, me la concessero, venni a Roma, andai a scuola… e…
— Il primo film?
— Venne al Centro Mario Camerini. Avevo appena finito l’ultimo corso. Mi vide e mi invitò a prendere parte al film che stava per mettere in lavorazione.
— Quale? —
— «Grandi Magazzini ». Poi Ballerini mi scritturò per « Piccolo Hotel » e poi — sorride con orgoglio — ho fatto un film dei più riusciti…
Fingiamo di non saperlo per vedere se la vanità l’ha già pizzicata:
— Quale?
— Come, non avete veduto « Scandalo per bene », il film più bello di questi giorni? — È quasi contrariata.
— Ma si, che vi abbiamo veduta e trovata tanto graziosa nelle vesti di Gismonda, ma tanto che ci siamo augurati di vedervi molto spesso sugli schermi per il piacere dello spirito che si ricrea al riverbero della vostra serenità e per il piacere parimenti vivo di constatare che siete una attrice senza le falsature d’uso.
— Allora andate subito a vedere « Rose scarlatte ».
L’intonazione della frase è quella che hanno i bambini quando si accorgono di godere una particolare simpatia in chi li ascolta.
— Cara, proprio subito subito è un pò difficile poichè il film è ancora al montaggio, ma appena possibile andremo senz’altro. E adesso qui?….
— Oh! Sto girando il film che veramente mi piace. Guardate — indica la scena intorno — È un mondo tutto nuovo, abiti, mobili, stile… tutto…
Ha ben ragione la piccola Luisella. Questo mondo che ha costretto l’arredatore a mettere, per dirne una, là su quella caminiera fra i due regolamentari fasci di fiori finti sotto campana di vetro, la lucerna a petrolio e alle porte e alle finestre quella specie di paramenti funebri, era già morto quando lei è nata e deve farle l’impressione di un insieme fiabesco a lei che è nata quando già rombavano i motori degli aerei.
Però la sua espressione di grazia ingenua sta tanto bene incorniciata fra queste, che Gozzano ha definito « le buone cose di pessimo gusto » forse perché appunto questa sua grazia è tanto diversa da quella comune un pò evidente, un pò pettegola che straripa ormai… dovunque si guardi in giro… e in serie.
E ora al lavoro. Ci saluta, poi con una mossa birichina ritorna, di corsa:
— ecco… ?
Dite.
— ..il giornale che riporterà la mia fotografia lo vorrei proprio vedere.
Via di nuovo, leggera sotto il cappellino scimmiesco che saltella anche lui sulla sommità della testina ricciuta, perché il regista la chiama.
Sicuramente Mario Bonnard vedrà avverarsi la sua profezia: Luisella Beghi farà la migliore strada. E glielo auguriamo di cuore come ancor più fervidamente le auguriamo di rimanere sempre così graziosamente semplice, anche quando sarà divenuta un attrice celebre.
Sono così poche le attrici, grandi e piccole, che sanno avvedersi che nella grazia risiede il segreto della maggiore riuscita.
Clara Bartolomei
Aprile 1940