Bette Davis è nata a Lowell (Massachusetts) il 5 aprile 1908. Ha studiato alla Cushing Academy di Ashburnham. Attrice di teatro, iniziò nel 1930 a Hollywood la sua carriera cinematografica con « Bad sister » Il cinema la battezza con un bad (cattiva) che titola il suo tipo. Bette Davis è attrice di razza. Attrice per necessità, per un bisogno di affermarsi nelle parole e nei gesti, di esprimere drammaticamente una inquietudine che la spinge a ritrovarsi nella inquietudine degli altri. Questo si legge nel suo viso trasparente, negli occhi grandi a fior di pelle, nelle palpebre spesse, nella bocca amara e dura. Vicino alla amorosità mentale e fredda della Garbo, alla civetteria atteggiata e neutra della Hepburn, Bette è donna viva, tutta sangue, menzogna, orgoglio e lascivia, dolore e vizi meschini, bontà e cattive invidie. È donna che per soddisfare un amore che non la soddisferà, per far tacere una inquietudine che la inganna, per obbedire a un istinto che deforma la ragione, per agire e credere di essere viva, tradisce soffrendone, uccide piangendo, ama con disgusto. Piena di contraddizioni, di una angoscia, di una forza crudele, ma anche di una pietà improvvisa, di un desiderio di solitudine che sono atteggiamenti convulsi del nostro tempo, caratteri della nostra tragedia, parti di quel personaggio sottinteso nel quale tutti noi un po’ ci riconosciamo. Agli attori, noi educati alla dissimulazione e al silenzio, passiamo l’impegno di rappresentarci nelle passioni di cui abbiamo vergogna. Bette Davis, sullo schermo, alza la voce del nostro dispetto in modo scoperto. Ci insegna che saremmo più degni se mostrassimo la nostra faccia di lupo. Bette Davis è grande attrice in quel modo di cui si vanno un po’ perdendo le tracce. Le occorre una materia forte, accesa, perché le resti dentro a bollire, e sì veda, più di quel che concede; vuole una passione da fare in quattro, da sbucciare come un’arancia. Ma anche una buona mano che le tenga il morso. William Wyler è, al cinema, il miglior amministratore di Bette Davis, colui che la cola come cera nel personaggio, e la modella e ne fa una creatura non soltanto perversa e egoista, ma diversa e mutevole com’è ogni vera creatura che non può mai essere monocorde, bensì poliedrica come la vita.
Dino Risi, Milano Gennaio 1946